Imprenditoria femminile: oltre le quote, oltre il credito. Serve una rivoluzione culturale

Per valorizzare davvero le donne imprenditrici serve un cambio di paradigma basato su cultura, reti di supporto e infrastrutture.

Di Anna Scapin

Quando si parla di imprenditoria femminile, il dibattito si concentra quasi sempre su due elementi: quote rosa e accesso al credito. Strumenti utili, ma non risolutivi.

Se usati da soli, rischiano di essere solo una “vernice rosa” su un sistema ancora sbilanciato e ostile alle donne.

 Il nodo culturale: madre prima, imprenditrice dopo (forse)

Nella narrazione sociale dominante, la donna è vista prima come madre, poi — forse — come professionista.
Se lavora troppo, è “una madre sbagliata”.
Se privilegia la famiglia, è “una professionista poco affidabile”.

Questo doppio standard penalizza l’impresa femminile, valutata con parametri distorti:

Il business va bene, ma “riesci anche a gestire i figli?”

Dati in Italia:

  • Solo il 22% delle imprese è guidato da donne
  • Nelle startup tecnologiche e nei settori innovativi la quota scende al 13–15%
  • Gli ostacoli non sono solo economici, ma anche legati a carico mentale, servizi mancanti e stereotipi radicati

Accesso al credito: utile, ma non basta

Negli ultimi anni, grazie al PNRR, sono nati bandi e fondi come Fondo Impresa Donna, incentivi regionali e misure di sostegno.

Tuttavia, il problema non è solo l’assenza di capitali, ma di un ecosistema equo:

  • Reti professionali accessibili
  • Competenze mirate
  • Servizi di cura che liberino tempo ed energie
  • Modelli di ruolo concreti

Finché si finanzieranno donne prive di rete, supporto e tempo, il rischio sarà quello di progetti a metà.

L’Europa: oltre i numeri

A livello europeo, la Commissione Europea promuove il gender mainstreaming, ovvero l’integrazione della parità di genere in tutte le politiche pubbliche.
Il gender budgeting riorienta la spesa pubblica in base all’impatto sulla parità.

Esempi virtuosi:

  • WEgate – rete europea per imprenditrici
  • Women Business Angels Community – investitrici che sostengono startup
  • Fondi EIF dedicati a imprese gender-diverse
  • Equality Maturity Models – valutazione del grado di equità aziendale

Le vere sfide: cura, potere, percezione

Dati italiani:

  • Solo il 56% delle donne tra 25-64 anni lavora (media UE: 68%)
  • Carico di cura: 5 ore/donna al giorno, contro 2,5 degli uomini
  • Solo il 28% delle posizioni dirigenziali è occupato da donne

Risultato: più imprese femminili nei settori a bassa intensità di capitale (commercio, cura, microservizi) e poche in tecnologia, innovazione ed export.

Cosa serve davvero: cultura, rete, infrastrutture

Più che quote rosa, serve riconoscere lo spazio già conquistato dalle donne e rimuovere le barriere invisibili che lo limitano.

Investire in:

  • Educazione alla parità fin dalla scuola
  • Reti professionali miste e inclusive
  • Servizi di welfare aziendale e pubblico
  • Politiche di conciliazione vita-lavoro reali

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